Le origini delle Carresi
Le Carresi sono un gruppo di manifestazioni primaverili che hanno luogo nel Basso Molise. Esse sono giunte ai nostri giorni nella duplice forma del corteo dei carri addobbati a Larino e della corsa dei carri a San Martino in Pensilis.
Nel passato la corsa e la sfilata erano presenti in entrambe le comunità. San Martino ha conservato, insieme alla corsa, anche la sfilata dei carri addobbati per la processione del 2 maggio in onore di San Leo.
Larino invece ha conservato solo il corteo in onore di S. Pardo. La tradizione orale ed alcune fonti scritte collocano nel medioevo queste manifestazioni (IX per Larino, XII per S. Martino). In questo periodo ogni paese cercava di appropriarsi delle reliquie di un Santo per porsi sotto la sua protezione.
In un periodo più recente le comunità albanesi della zona hanno adattato il cerimoniale religioso e le motivazioni folcloristiche della Carrese alla celebrazione della Madonna di Costantinopoli a Portocannone e del Legno della Croce a Ururi. La corsa ha luogo anche a Chieuti, un’altra comunità albanese in provincia di Foggia ma appena al di là del confine con il Molise.
Le tradizioni locali di questi paesi vede nella corsa la rievocazione della fuga dalla patria e dello sbarco sulle coste molisane nel XV secolo della diaspora albanese. Tuttavia gli storici che nei primi decenni del 1700, parlano delle Carresi di Larino e di S. Martino non menzionano quelle dei paesi
albanesi.
Si suppone che queste Carresi coincidano con la successiva integrazione degli albanesi dalla tradizione greco-ortodossa alle tradizioni religiose e popolari locali (XVIII secolo).
La corsa dei carri di San Martino e la leggenda del ritrovamento di S. Leo
Ogni anno, da secoli, a San Martino in Pensilis si svolge la corsa dei carri trainati dai buoi. La corsa è legata al ricordo della traslazione del corpo di S. Leo dal bosco di Casalpiano dove si trovava il convento di S. Felice, alla chiesa di S. Maria di San Martino. Il carro vincitore della corsa ha l’onore do portare il Santo in processione.
La leggenda popolare vuole che dopo una battuta di caccia con i suoi feudatari, Roberto di Bassavilla conte di Loretello legò il suo cavallo ad un anello attaccato ad una grossa pietra. A sera tornando verso la radura notarono una luce che emanava da una tomba aperta, attorno alla quale i cavalli erano inginocchiati.
Scesi nella tomba, trovarono un’urna ed un cannello di piombo con dentro una pergamena, dove era scritto che l’urna conteneva il corpo di S. Leo. Immediatamente tra loro iniziò una accesa discussione perché ognuno di essi richiedeva i resti del Santo.
Il conte, per sedare gli animi, decise di consigliarsi con il vescovo di Larino che rispose con questo messaggio: “Aggiogate ad un carro due giovenchi indomiti, mettete l’urna del santo sul carro e lasciate che gli animali corrano a loro piacimento.
Gli animali porteranno l’urna dove il santo vuole essere venerato.” I feudatari obbedirono ed incitarono gli animali lasciandoli correre.
Passarono per varie località (Rotello, Ururi, Chieuti, Campomarino) e quando sembrava che volessero dirigersi verso Termoli, si girarono ed a galoppo, si diressero verso S. Martino. Stanchi dalla fatica i giovenchi si accasciarono davanti alla chiesa di S. Maria e, tra la sorpresa della popolazione, l’urna scomparve per poi essere ritrovata sull’altare maggiore della chiesa.
La documentazione storica ci dice invece che S. Leo visse la maggior parte della sua vita religiosa nel convento S. Felice. Egli visse santamente ed i suoi miracoli gli procurarono una fama tale che il popolo ed il vescovo di Larino lo proclamarono santo subito dopo la sua morte. Il convento a causa delle invasioni barbariche, terremoti e la malaria fu abbandonato poco dopo la sua morte.
Il corpo del Santo rimase sepolto sotto l’altare della chiesa del convento per più di un secolo finche’ un giorno per caso o per volontà divina, Roberto di Bassavilla conte di Loretello, andando a caccia, scoprì il corpo del Santo (tra il 1154 anno di nomina a conte ed il 1182 anno di morte del conte Roberto).
Il corpo di San Leo fu portato “processionalmente” su un carro tirato dai buoi, con l’accompagnamento del clero e del popolo, nella chiesa di Santa Maria